Alfonso Bonafede, deputato M5S: Noi facciamo il nostro in bocca al lupo a tutti i
lavoratori della Richard Ginori e gli esprimiamo la nostra solidarietà e
soprattutto ci uniamo all’auspicio che qualsiasi soluzione verrà presa sarà una
soluzione che prenda in considerazione, come necessità che questo stabilimento
torni a lavorare a pieno regime, che quindi la produzione resti saldamente in
Italia e che riparta da coloro che hanno investito la loro vita in questa azienda
e che vogliono continuare a farla.
Questa è l’idea di economia che noi vogliamo venga proiettata in futuro, cioè
una economia che parta dai lavoratori, dalla produzione, all’interno del nostro
paese e che poi da lì possa andare nel mondo, ma è il prodotto che deve andare
nel mondo, non l'azienda.
"Il caso Richard Ginori è scoppiato a inizio 2012
quando è venuta fuori con tutta evidenza la situazione della società: un buco
di 80 milioni di Euro rispetto a un fatturato annuo di circa trenta. L'azienda
è stata posta in liquidazione volontaria e è iniziato un percorso per predisporre
un concordato preventivo, che ne comprendesse anche la vendita. Alla fine sono
rimaste in gara due società, una la Sanbonè di Torino, proprietaria di una
fabbrica di porcellana di un marchio altrettanto famoso, l’altra società è una
cordata composta dall’americana Lenox e dalla italo rumena Apolum, due colossi
nel settore.
Su queste due possibilità si è praticata una forte divisione
sindacale, perché Richard Ginori oltre a un caso economico, finanziario,
addirittura con strascichi giudiziari, è un caso politico. A Sesto Fiorentino,
si è creata una divisione sindacale perché i Cobas e la nostra
organizzazione sindacale ha optato per un piano industriale, quello della Lenox
che prevedeva il reintegro del 90% dei lavoratori e il mantenimento di tutte le
produzioni a Sesto Fiorentino, i sindacati confederali (CGIL, CISL, UIL) ma
anche il potere, inteso come politica qui a Sesto Fiorentino, ha optato per
l’altro piano industriale, quello della Torinese Sambonè, che prevedeva la
rioccupazione di un terzo dei lavoratori e dell’esternalizzazione delle
produzioni della metà delle produzioni in Germania, presso appunto lo
stabilimento Rosental.
Alla fine è stata assegnata comunque all’americana Lenox
e quindi pensavamo che la situazione fosse risolta in qualche modo. Così non è
stato perché il 7 gennaio, che è il
giorno per l’appunto in cui i lavoratori dovevano ripartire a lavorare dalla
cassa integrazione, il Tribunale di Firenze ha dichiarato inspiegabilmente
fallita Richard Ginori, non accogliendo il concordato preventivo. Francamente
ci sono state abbastanza oscure le ragioni per cui è fallita. Oggi qualcosa in
più, come dire, intravediamo in quel fallimento, e cioè il fatto che fosse
stato, forse, propedeutico alla apertura di indagini che sono state fatte alla
procura di Firenze, all’ex Presidente della Richard Ginori, Roberto Villa, è
stata aperta appunto una indagine per bancarotta fraudolente.
Il 7 di gennaio abbiamo
occupato immediatamente la fabbrica, perché volevamo dare un segnale
rispetto a un atto così grave altrettanto forte, da parte dei lavoratori, per
rendere visibile all’opinione pubblica tutto quello che stava succedendo e con
il fallimento è stato però decretato anche fortunatamente l’esercizio
provvisorio, che ha consentito ai lavoratori, anche se in piccolo numero, di
rientrare a lavoro per espletare alcune produzioni, perché siamo nel paradosso
che Richard Ginori, nonostante sia fallita e sia chiusa in sostanza, continua sul
mercato a reperire ordini, questo a significare anche che la crisi non è stata
una crisi di prodotto o di mercato, ma assolutamente una crisi finanziaria
addebitabile al passato gruppo dirigente e alle scelte che ha fatto il passato
gruppo dirigente, dopo l’occupazione appunto l’esercizio provvisorio, siamo
passati al presidio e i lavoratori stanno presidiando i cancelli ormai da un
mese e mezzo, perché riteniamo utile, come lavoratori, vigilare su
quello che sta succedendo, ma perché siamo convinti che debbano restare
accesi i riflettori sulla Richard Ginori, perché è ovvio che Richard Ginori
sotto la lente di ingrandimento è le cose devono essere fatte per forza con più
chiarezza da parte di tutti.
Noi siamo già passati da una esperienza di questo
tipo, nel 2005, dove allora tutti i politici di tutti gli schieramenti, tutti i
partiti, fecero la passerella davanti alla Richard Ginori, ma con risultati
zero, devo dire che a oggi la politica non è stata assolutamente vicino alla
Richard Ginori, noi ci auspicavamo che per esempio di fronte a due piani
industriali così diversi e così palesemente sbilanciati da una parte o
dall’altra, quanto meno la politica locale e non solo, dovesse prendere una
posizione, così non è stato, questo ci ha deluso fortemente. Al primo posto c’è
il discorso occupazione, tra l’altro è uscito in questi giorni il
bando dell’asta con cui si assegnerà Richard Ginori a metà marzo e siamo
rimasti molto delusi, perché abbiamo capito dal bando che l’ipotesi nella
valutazione del bando, dell’offerta attraverso cui sarà assegnata la Richard
Ginori non viene presa in considerazione la parte sociale, cioè quella
dell’occupazione, ma anche del piano industriale, ma sarà assolutamente
preminente la parte economica. E questo per noi è assolutamente non
accettabile.
Ovviamente noi ci auspichiamo una soluzione che occupi prima di
tutto tutti i lavoratori della Richard Ginori a e che mantenga tutte le
produzioni sul territorio di Sesto Fiorentino. Il piano industriale di Sambonè
prevede appunto che metà delle produzioni di Richard Ginori vengano esportate
in Germania, è vero che l’acquisto della azienda sarebbe effettuato da una
società italiana, ma è altrettanto vero appunto che poi metà delle
produzioni vengono fatte in Germania, ma non solo, intravediamo dietro a
questo progetto soltanto un progetto di acquisizione del marchio. È evidente
che dato che il piano industriale di Sambonè prevede che qui a Sesto resti
soltanto la parte decorata e la produzione venga fatta in Germania è evidente
che produrre in Germania per venire a decorare a Sesto e riportare il prodotto
in Germania è una soluzione assolutamente antieconomica, che lascia intravedere
la possibilità di una progressiva dismissione della Richard Ginori
da Sesto Fiorentino e una sua scomparsa." Giovanni Nencini
Tratto dal blog di Beppe Grillo del 05.03.2013
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